La prima bugia


Per scovare i buoni propositi dobbiamo assolutamente scovare le cattive cose che abbiamo fatto.

E direi di cominciare dalle BUGIE.

Non è vero che ce ne siamo dimenticati, forza, tirate fuori le palle sganciate le bugie.
Parliamo dalle prime e delle ultime. Questa è la domanda. La prima bugia che ricordiamo della nostra vita e l'ultima. Vince chi riesce a dire la verità, ma verità verità. (Babbo Natale ne terrà conto, me l'ha detto).

La prima bugia che io ricordo ( ci ho messo un bel pò a ricordarmela) è più di una perchè nei primi anni faccio confusione del senso cronologico, e allora mischio tutto.
Ma tra le prime c'è una volta che mio papà a cena mi aveva obbligato ad assaggiare la (si, giuro, giuro) la carne Simmenthal. Io con le labbra serrate piantavo il muso e sibilavo qualcosa del tipo: quella roba molla là è grasso di carne e io non lo mangio. Mio papà, per una volta (pure nel torto, visto che si affrontava la schifezza della carne simmenthal, ma era comunque una novità sugli scaffali, e le novità sembrano sempre più giuste e belle delle cose consolidate_ come i fidanzati ndr) aiutava mia mamma con un pò di fermezza e faceva vedere lui chi comandava, nonostante le basette lunghe.

Non vieni a vedere Raffaella Carrà, se non la mangi.

Tiè. L'offesa oltre la beffa. Eppure allora la Raffaella ci piaceva! ( a me piace ancora, ovviamente) a me da bambina piacevano quei programmi lì, ambientati in uno studio televisivo grigio perla e sbrilluccicante e con le ballerine con le cosciotte. Mi ricordo anche Mina magrissima e ancora più lunga dalla deformazione dello schermo che cantava io non gioco più, me ne vaaado...
Ok, ma ritornando alla carne simmenthal. Mamma papà e mio fratellino che si era piegato al loro volere (crumiro), se ne erano andati di là, nel salottino anni 75 e mi avevano lasciato là. Seduta sulla seggiola senza toccare terra. Con i gomiti sul tavolo di fòrmica e un muso fin qui.
La mettevano giù così dura? E io sono più dura!

Abitavamo all'ottavo piano di un palazzo di periferia (tempi magri), sentivo le musiche della tivvù e avevo un nervoso che non mi stava dentro. A mangiare quella roba lì proprio non ci pensavo. Ma non sapevo come uscirne.
E poi Eureka! Trovati dei cartocci del formaggio finito, confezionai dei piccoli pacchetti di carne simmenthal, ben chiusi, piccole bombette organiche. Un salto giù dalla sedia, il minimo rumore possibile ad aprire la porta finestra che dava su un terrazzetto rosso mattone stile alveare, in punta di piedi, braccio indietro e...opplà! uno dietro l'altro, lanciai diligentemente nel cortile di sotto, sei o sette pacchettini di carne in scatola con una parabola degna di un giocatore di baseball. Qualcuno si era aperto in volo e briciole umide di gelatine si sparpagliavano nell'aria al rallentatore, provocandomi un disgusto che ancora adesso mi ricordo, e la consapevolezza, che stavo occulatndo le prove si, stavo barando, ma era per una causa giusta.
Decine di colombi si erano subito avventati sulla poltiglia spappolata dopo un volo di otto piani e le tracce rimaste non erano che qualche pezzetto di carta qua e là.

Così, dopo aver chiuso piano piano la porta finestra, dopo aver lasciato il piatto sul tavolo sporchiccio, ero andata con occhi bassi in salotto da loro.

Hai mangiato la carne? mi chiese subito mio padre.

Uhm, si.

Ecco, la prima bugia della mia memoria. Le conseguenze sulla mia psiche non le conosco, a parte che oggi sono vegetariana.

Commenti